I PERTURBANTI
PERTURBANTI porta in mostra una nuova galleria di ritratti, cui si aggiungono Bambole e Fiori. I nuovi lavori illustrano un percorso di intreccio tra animato e inanimato. Immaginazione contemporanea, osservazione attenta e narrazione del quotidiano realizzata con la povertà di un’arte che ha già dell’antico, questi sono gli ingredienti per darci davvero uno sguardo inusuale. Profonda, è la visione realizzativa degli scatti, un impatto rinascimentale. Così come la luce che pervade ogni opera, accompagnandoci in una dimensione dove l’oscurità è illuminata. PERTURBANTI è una mostra unica, perché porta alla luce le inquietudini che albergano in ciascuno di noi. Quel dubbio, come spiegava Freud, “che un essere apparentemente animato sia vivo davvero e, viceversa, il dubbio che un oggetto privo di vita non sia per caso animato”. Non è un caso, allora, la scelta del soggetto Bambole, che qui vediamo declinato e interpretato in tutta la sua inquietante ambiguità. Oggetti giocosi o specchio dei nostri demoni? Le Bambole di Bergamo ci e si guardano con lo sguardo rivolto sull’abisso che ci portiamo dentro. E si inscrivono in una tradizione artistica che parte da lontano e che annovera, tra gli artisti che hanno prediletto il soggetto, nomi quali Hans Bellmer, Oskar Kokoschka, Man Ray, Paula Riego, Patric Old. Fino alle visioni di Tim Burton. E poi ci sono i Fiori. Still life, nell’originale senso del termine. Ancora vivi o quasi morti? La potenza del soffio vitale residuo che la natura regala a tutti i suoi esseri viene colta da Bergamo con la tecnica collaudata del fotografo che da anni si occupa di oggetti, ma con l’intuizione felice dell’artista della luce, di caravaggesca memoria. Accanto alle nuove opere, la mostra ripropone poi i Ritratti, in un combinato fisico ed emotivo che, grazie anche all’originale procedimento di creazione e trasformazione delle foto, conferisce loro una vera unicità. Anche in queste opere, si ripropone l’originale procedimento adottato dall’artista che, partendo dalla pinhole digital art, ne dilata le potenzialità fino ai suoi estremi confini. L’opera prende vita attraverso un lento processo di nascita, quasi un incedere alchemico, che inizia con la ripresa del soggetto con la tecnica stenopeica e prosegue con la stampa in digigraphie, fino all’esclusivo trattamento, grazie ad alcuni materiali unici, che costituisce la parte finale della creazione. Ed ecco la fotografia trasformata in dipinto, conferendogli profondità e spessore.